#STORIA – Alla scoperta dell’artista goriziano Carne

Ho avuto il piacere di conoscere Carne diversi mesi fa: prima artisticamente parlando, e poi di persona.
Di lui mi ha colpito subito il lungo percorso artistico, partendo dal writing alla street art, la grande voglia di conoscere e di sperimentare, la complessità e la profondità delle tematiche affrontate, l’approfondito studio del territorio e degli spazi (perlopiù abbandonati) in cui integrare la sua arte e la grande voglia di comunicare, esplorare, collaborare.
Carne è una persona limpida, determinata, preparata: come afferma lui stesso: “Ho fatto del pensiero critico, libertario ed anarchico la mia vita. Non scendo a compromessi, dipingo perché voglio dipingere, per condividere, e scambiare energie. Io sono una persona che si nutre di stimoli, di contatti, di persone, e di luoghi”.
Ho avuto occasione di conoscerlo di persona trascorrendo un giorno intero a Milano Baranzate, in occasione di una street art jam a dicembre 2014 presso Proprietà Pirata (spazio sgombrato poco dopo).
Oltre ad avare una piacevole conferma delle sue doti artistiche ho avuto modo di confrontarmi con lui su molte tematiche: ho scoperto che abbiamo gusti molto simili in fatto di street art e una simile visione della scena attuale. In particolare condividiamo il timore per la piega commerciale e in alcuni casi opportunista che la street art nazionale sta prendendo in questi ultimi anni, ma anche la preoccupazione per la scarsezza di iniziative di spessore e di progetti a lungo termine, atti non solo a valorizzare la street art ma anche a far emergere tanti talenti meno noti.

#MakingOf Carne @ Proprietà Pirata, Milano / #urbanart #streetart / Coming soon articolo su www.urbanlives.it

Una foto pubblicata da Urban Lives (@urbanlivesit) in data:


Oltre alla bella chiacchierata di persona, io e Carne ci sentiamo spesso. Ecco tutto quello che ha condiviso con me, in quello che più che un’intervista ben delineata è un lungo e interessante approfondimento su di lui e sulla sua storia.
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Il passaggio dal writing alla street art è avvenuto in maniera drastica, netta. Avevo la necessità di esprimere emozioni e sensazioni che difficilmente riuscivo ad esprimere attraverso il semplice lettering e da un giorno all’altro i miei soggetti sono cambiati, le tecniche che utilizzavo sono cambiate così come l’approccio agli ambienti circostanti. Il momento di questo passaggio però non ha coinciso con quella svolta nella vita che mi ha portato ad esprimere i concetti che ora voglio esprimere. Quella è avvenuta qualche anno prima, dopo dei violentissimi attacchi di panico, ed è emersa nella mia arte dopo essere maturata dentro di me ed avermi portato ad analizzare e lavorare profondamente su me stesso, sui miei rapporti, sul mondo circostante.
Mi ha portato a praticare la meditazione, studiare l’alchimia, la teosofia, l’esoterismo e tutto questo percorso è emerso negli ultimi anni nella mia street art. Attraverso di essa e i luoghi in cui ho scelto di lavorare cerco di creare in chi la vede tensione, riflessione, instabilità, il tutto volto a destabilizzare il proprio Io e aumentare quella curiosità, quella ricerca nei confronti di ciò che è oscuro e nascosto, condizione necessaria per la propria crescita interiore. Con qualcuno la mia arte ha avuto l’effetto sperato e la cosa mi rende molto felice, altre volte invece i miei messaggi vengono completamente fraintesi, ed è un po’ come confondere l’ombra della Luce con le tenebre…
L’altro aspetto a cui tengo molto è la bellezza. Trovo che nei tempi in cui viviamo creare pura bellezza sia il gesto più rivoluzionario da perseguire ed il mio lavoro è volto anche a questo. Interagire con gli spazi abbandonati serve a questo, a creare un contrasto fortissimo con i miei dipinti amplificando non la bellezza del mio lavoro ma il concetto stesso di bellezza. La figura della donna poi è una costante del mio lavoro ma è una femminilità che rappresenta la Terra, la Vita, la Natura, per questo la ritraggo in genere sofferente, indifesa, debole.
Per fare questo nel corso degli anni ho sperimentato diverse tecniche per arrivare poi a selezionare quelle che trovo più adatte alla mia estetica, plottaggi fotografici sui quali intervengo manualmente oppure dipinti su carta, entrambi poi incollati sulla parete. Queste tecniche le ho sviluppate per necessità di tempistica lavorando in spazi abbandonati e chiaramente non legali. Quando ho la possibilità di dipingere su pareti in maniera legale intervengo sul muro con l’utilizzo di spray, pennelli e quant’altro. Per quanto riguarda la poster art se l’attuazione avviene in maniera immediata la creazione avviene con calma nel mio studio cosi come l’ideazione del concetto che voglio esprimere. La realizzazione finale avviene però direttamente sul luogo in cui lavoro, interagendo con gli spazi, i colori, le superfici.
Adoro lavorare in questi spazi, la solitudine ed il silenzio presenti mi donano sensazioni particolari che onestamente non riesco a descrivere, è una cosa completamente diversa dal dipingere nelle jam, nelle murate pubbliche o in manifestazioni del genere. Certo mi manca molto quest’aspetto del writing così come molte altre cose legate ad esso, quali la spontaneità, il sentirsi parte di qualcosa, la ballotta, la nebbia, il freddo assassino sotto le unghie, la break il sabato pomeriggio al Sanfra a Udine e molto altro, ma sono aspetti che io lego ai miei primi anni di writing, quelli di fine ’90 / inizi 2000.
Ora le cose dal mio punto di vista le sento molto cambiate e sinceramente della scena attuale e delle sue enormi ipocrisie e contraddizioni non mi manca proprio nulla; preferisco come molti altri stanno facendo ultimamente, dipingere da solo in spazi abbandonati e lontano da occhi indiscreti. Vedo che questa tendenza sta prendendo molto piede in questi ultimi anni, io ho incominciato circa 4-5 anni fa per mia pura ricerca estetica e mi fa piacere vedere come questa nuova faccia della street art o “urbex art” come la chiamo io stia prendendo piede, la mia unica preoccupazione è che non diventi come al solito un fenomeno di massa, sminuendo poi anche il valore che, perlomeno per me, possiede a livello sociale. Qui non ci sono fama, denaro, contributi pubblici, associazioni e istituzioni a cui chiedere permesso, qui ci si prende gli spazi a proprio rischio e pericolo, ma senza dover chiedere nulla a nessuno.
Questo per me è l’aspetto più importante: sono infatti in forte contrasto con le istituzioni e le associazioni e questo mio approccio di certo non aiuta le mie relazioni con tali realtà anzi, mi sono reso conto che in un certo senso mi ha tagliato fuori da un determinato giro qui in regione. D’altro canto essere fondamentalmente un cane sciolto mi permette di avere una libertà creativa ed espressiva che mi riempie di energia e che alla lunga mi sta dando grosse soddisfazioni sia a livello nazionale che internazionale.
La mia carriera artistica, ammesso che ne abbia una, prosegue per il meglio proprio grazie a questa libertà.
Forse un altro aspetto sul quale devo confrontarmi è sapere se voglio o meno avere una carriera artistica. Far diventare la propria valvola di sfogo un lavoro è una cosa che mi destabilizza e preoccupa alquanto, perché significherebbe per me perdere la libertà. Libertà di dipingere quando più mi sento ispirato e libertà di non farlo quando non ne ho voglia, libertà espressiva e soprattutto la libertà di non scendere a compromessi con nessuno.
In fondo mi viene da pensare che il mio progetto futuro è di non avere progetti, vivere la mia street art giorno per giorno aspettando quello che ha da darmi e scegliere il dà farsi in base a quelle che saranno le mie esigenze e priorità di quel dato momento.


Maggiori informazioni
https://www.facebook.com/urbancarne/timeline
Photo credits: Francesca Tuzzi
 

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