#INTERVISTA – Giulio Vesprini per “Cosmometrie”, Milano

Da quando ho scoperto, con grandissimo piacere, le opere dell’artista marchigiano Giulio Vesprini desidero vederle dal vivo: questo momento è finalmente arrivato con l’inaugurazione della sua personale “Cosmometrie” presso Studio D’Ars di Milano. La mostra fa parte del ciclo Parentesi Aperte, a cura di Alessandra Ioalé: cinque personali espressioni contemporanee molto differenti tra loro, ovvero quelle degli artisti CT, 108, Aris, Giulio Vesprini, Gio Pistone.


Come avevo immaginato le opere di Vesprini dal vivo sono di grande impatto e sono la perfetta sintesi di un suo lungo e complesso percorso di ricerca, iniziato nei primi anni del duemila. Un percorso creativo che giunge al sapiente incontro e fusione di tre strade diverse: quella “da artista”, dello studio di forme geometriche e del colore, quella “da grafico” dello studio e dell’elaborazione di tecniche di stampa, e infine quella che lo lega alla natura e all’ambiente circostante, alla sua terra.
Il risultato del suo viaggio sperimentale sono quelle che possiamo definire geometriche visioni terrestri, assunte e composte nell’assoluta perfezione del cerchio. Ogni opera è uno studio a sé, seppur parte di un insieme: cambiano di volta in volta i colori, le tecniche, le sovrapposizioni di sezioni texturali, i mezzi calcografici o xilografici impiegati, i segni ispirati alla terra.
Nelle carte presentate in “Cosmometrie” si manifesta pienamente la volontà di riportare l’attenzione su ciò che noi, piccoli cittadini impegnati nella routine quotidiana dei nostri piccoli affari, diamo per scontato ma che vive insieme e intorno a noi: un progetto site-specific che indaga sul rapporto tra uomo e natura.
Lascio che sia l’artista ad approfondire le tematiche delle sue opere:

  • Sei stato definito “l’architetto della street art”: sei d’accordo?

Tendenzialmente sì, oltre a non averla mai sentita prima come definizione, la parola “architetto” messa prima di street art mi colloca un po’ più lontano da quella scena a cui molti ambiscono e a cui io non appartengo precisamente, per diverse ragioni. Mi riferisco ad esempio a quella “carta d’identità dello street artist” stampata addosso ad ognuno, per cui ci si giudica su dinamiche molto lontane dal gesto puro del creare.
Questa sorta di ufficio anagrafe di strada, creato per primo da molti degli stessi esponenti e supportato dalla moltitudine di figure nate a ridosso della scena urbana, non m’interessa, non ho voglia, potrei distrarmi dalla mia ricerca. Non mi sento più legato al termine street art da quando ne ho iniziato a parlare, è come aver svelato il trucco; prima, per me negli anni 90’ del graffiti writing, non sapendo bene cosa stavo facendo, mi rifacevo quasi ad un istinto adrenalinico, senza troppi veli. Oggi è tutto troppo spiegato.

  • Quanto e cosa c’è della tua terra, le Marche, nelle tue opere?

Non so se a livello artistico o grafico sia giunto così in alto da assorbire in pieno la mia terra. Sono ancora molto affascinato dal partire e mi muovo molto in giro per l’Italia. Le Marche sono bellissime, piene di storia e di arte, territori pazzeschi e senza mare non saprei vivere, ma al tempo stesso la fame di scoprire centri più grandi non mi fa sentire in estrema sintonia con il territorio anche se ho fatto molte cose per e nella mia città.

  • Parlaci del tuo rapporto con gli elementi tipografici.

Forse è uno dei pochi motivi perché orbito ancora molto nelle Marche; come regione abbonda di tipografie e di storia sulla stampa antica. Personalmente sto facendo una ricerca incentrata sul recupero dei caratteri in legno per la stampa e macchine utili come tirabozze e torchi. Questa mia attitudine alla stampa è legata alla mia grande passione primordiale per la grafica; lavoro come grafico e cerco di non far morire una memoria artigiana utilizzando gli stessi materiali salvati dalle discariche nelle mie opere. Quindi una sorta di archivio-attivo! Sto partendo in questi giorni per incontrare un tipografo marchigiano al quale chiederò un sacco di cose e forse mi farà un regalo… è una ricerca continua, è più forte di me. Ad oggi il mio laboratorio contiene esemplari di caratteri in legno di circa 10 tipografie marchigiane.

  • La natura è un elemento chiave della tua produzione artistica: come la vivi e cosa ti affascina?

Sì, se per natura intendiamo i segni grafici che si possono trovare all’interno di essa. Cortecce, foglie, terra se visti da un punto di vista anatomico, rappresentano per me, lo spunto per nuove forme che sintetizzo all’interno delle mie stampe o dei mie muri.

  • Come senti di collocarti all’interno del panorama dell’arte urbana attuale?

Laterale.

  • Che progetti hai per il tuo imminente futuro? Nuovi progetti o nuove forme di sperimentazione?

Ho appena inaugurato la mia prima personale a Milano che mi ha tenuto impegnato per qualche mese, visto che le mie opere sono tutte a tiratura limitata, ogni pezzo è esclusivo e questo prevede una serie di varianti che portano via tanto tempo. Ora mi rilasso un po’ e continuo a lavorare per clienti come grafico freelance, ho aperto finalmente il mio studio che si chiama Asinus In Cathedra. Tra un po’ riparte la stagione delle mostre e degli eventi, farò parte di qualche progetto in giro per il bel paese.

  • A quali artisti ti sei ispirato nel corso della tua carriera? E con chi ti piacerebbe collaborare?

Molti sono stati gli spunti di riflessione, mi piace da sempre il lavoro di Sol Lewitt, ma anche le opere visionarie di Bill Viola, devastante è stata Documenta 11 che ho visitato ai tempi dell’Accademia nel 2002, con le opere di On Kawara, a Mondrian ho dedicato il biennio di pittura con una continua ricerca del colore nello spazio, insomma c’è una vasta gamma di storia dell’arte dentro di me. Ringrazio Carlo Ciussi di cui gelosamente ho una tela, per la sua ricerca nel cerchio. Se devo rimanere nel contemporaneo vorrei essere distrutto da Enzo Mari e mi piacerebbe collaborare con Momo. Anche i lavori di Sten&Lex mi piacciono moltissimo, unici nel loro genere, un passo avanti.

  • Che emozioni o riflessioni speri di stimolare e suscitare nei fruitori delle opere esposte nella tua personale?

M’interessa che passi la mia ricerca, chi sono davvero, l’opera appesa è prima pensata e studiata, per cui se capisci il mio pensiero ed il mio vissuto, capisci il lavoro. Venire alla personale significa lasciare il virtuale di un lavoro visto allo schermo ed affrontare un opera reale

  • Ci sono altri elementi o interessi personali non citati che influenzano le tue opere?

No.

  • Cosa ne pensi del panorama di arte urbana attuale? In quale direzione speri o prevedi che andrà?

Un panorama complesso, patinato, pieno di contraddizioni e con tanta rivalità non solo tra artisti ma anche tra curatori, gallerie, eventi e pseudo blog. Tra gli inventori dei nuovi segni, tra alchimisti della street art e brutti copioni, cerco di sbarcare il lunario e produrre nonostante tutto.
La direzione, spero, sia opposta a questa, realtà che tutti conoscono bene ma che nessuno affronta perché gli interessi in ballo sono molti. Auspico quanto meno ad un doveroso rispetto verso chi lavora da parte di tutti soprattutto tra artisti, infangare gli altri per paura di perdere la scena non è la lealtà che è alla base di tutto il lavoro di un artista.
vesprini
Informazioni sulla mostra:
Parentesi Aperte: Giulio Vesprini “Cosmometrie”
A cura di Alessandra Ioalé
Studio D’Ars
Via Sant’Agnese 12/8 Milano
Dal 3 al 24 Marzo 2015
Photo credits: Livio Ninni Photography

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