Il viaggio che vi voglio raccontare è un pellegrinaggio in terre antiche, dove ancora si respira profumo di impero romano e vita di una volta. L’arrivo è segnato da un clima rigido, tagliente come le storie che caratterizzano questi posti e influenzano l’arte locale. Tra rovine di guerra, resti storici e una cementificazione selvaggia si riescono a scovare dei pezzi di vario tipo e genere, ma caratterizzati tutti dal bisogno di sfogo sociale e sogno popolare.
A Timisoara la street art non salta subito all’occhio, bisogna “accorgersi” di questa presenza latente e silenziosa che costeggia le ampie piazze e gli infiniti vialoni. Tra le vie principali a farvi compagnia troverete queste sculture a metà tra uomo e prodotto. Povero dai piedi nudi, ma rapito dalla società dei media. Sempre nella zona centrale della città ci si ritrova tutto d’un tratto di fronte alle opere realizzate per il Plai Festival di Timisoara. Colori e fantasia danno uno schiaffo alla malinconia che pervade l’atmosfera.
Il magnifico pezzo di Easy life e Nego raffigura una giovane musicista che incantandoti con la sua musica narra attraverso le immagini la storia di Timisoara.
Passeggiando verso la periferia si nota qualche bel pezzo illegale in stile figurativo fumettistico, si sente e si percepisce il bisogno di comunicare qualcosa e quel qualcosa mi si rivela attraverso Traian, direttore del Museo della rivoluzione Rumena. Il rivoluzionario ci accompagna all’interno di questa vecchia caserma comunista fatiscente trasformata in museo, un luogo degno di Tarantino. Raccontandoci e mostrandoci le immagini cruente della rivoluzione, la fame di Libertà conquistata con la lotta ed il sangue; Train ci incanta con il suo racconto in perfetto italiano, imparato chissà dove, e ci chiede cosa significhi per noi il gesto delle due dita a formare una v con il pugno chiuso: Vittoria naturalmente! Traian: No! Per me due ballottole! (non pronunciava bene pallottole) e tutto fiero ci mostra i segni della rivoluzione, una gamba claudicante per due colpi di pistola. A chiudere la visita ci attende un reperto storico/artistico: un pezzo del muro di Berlino, che con la sua caduta ha dato inizio allo sgretolarsi della potenza comunista nei balcani, l’antico pezzo di storia è ben sorvegliato da Rita, pastore tedesco dagli occhi di ghiaccio che per Traian simboleggiano la Libertà. Un pezzo semplice di Ness1 mi fa capire quanto sia ancora vivo l’odio per il totalitarismo.
Lasciandomi alle spalle la Romania mi sposto verso la Serbia, un viaggio faticoso di 5 ore di treno per 150km tra paesaggi ghiacciati e poliziotti di Dogana molto duri, che sembrano appena usciti dalla sceneggiatura di The Snatch. Durante il viaggio si percepisce un cambiamento, inizio a vedere molti pannelli e whole train che mi accompagnano fino all’arrivo a Belgrado.
La città mi appare molto attiva e carica sin dai primi muri intravisti per andare verso il centro città. Molti puppet colorano una città inghiottita dal cemento, i pezzi sono piccoli, colorati e costanti. Arrivati al centro della città nella zona Beogradeska i toni cambiano, i muri iniziano a parlarci di rivoluzione e lotta. Sempre in questa zona, all’interno di un parco giochi, si trova un’imponente murata realizzata per un meeting of styles che sembra richiamare l’attenzione sul tema del verde e del patriottismo. Le tinte del blu, bianco e rosso sono ovunque.
Parlando con dei ragazzi del posto mi avvio nella zona del quartiere artistico savamala e del ponte brankov per ammirare il bellissimo pezzo di BLU che denuncia la caotica cementificazione della città. La città sembra riposare tranquilla, ricarica le batterie per ritornare alla vita normale. Tutto chiuso e poche persone nei paraggi il motivo è la celebrazione del Natale Ortodoso. Sulle rive del Danubio l’arte mi incanta con la sua poesia e mi inonda di nuovi stimoli artistici spinti da un soffio di Libertà.
Perry D. Mace
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Fonte foto cover: The Post Internazionale
Arte e rivoluzione nei Balcani: Timisoara e Belgrado
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