Come precedentemente con l’artista belga Dzia, altrettanto entusiasmante è stato ad agosto l’incontro con l’artista austriaco Skirl, arrivato a seguito di una corrispondenza virtuale. Sono stata io, in questo caso, a scoprirlo sui social network e a lanciarmi in un primo contatto, complimentandomi prima di tutto per il suo lavoro e poi offrendo la mia disponibilità e il mio supporto nell’eventualità di un suo viaggio in Italia. Era giugno 2016 e non avrei mai immaginato che la sua risposta sarebbe stata “in realtà verrò in Italia ad agosto e spero di potermi fermare anche a Roma”. Di lui però, al contrario di Dzia, su cui mi ero a lungo documentata ascoltando, tra le altre cose, un’intervista audio di un’ora per il sito internazionale Widewalls, non avevo trovato alcuna informazione su Internet, salvo le foto dei tanti suoi murales, realizzati perlopiù nella sua città di provenienza, Vienna.
Inoltre, fino al giorno prima dell’incontro, non avevo idea di come si chiamasse, di quanti anni avesse e di come fosse fatto. Ma non ho mai pensato che conoscere a fondo un artista prima di un incontro fosse indispensabile, ritengo anzi che l’assenza di una conoscenza approfondita renda ancora più interessante la scoperta della sua storia direttamente dalle sue loro parole, senza mediazioni e senza filtri mediatici. E in effetti la chiacchierata con Skirl si è rivelata essere una delle più piacevoli dalla nascita di Urban Lives.
L’incontro avviene alle quattro di pomeriggio di una caldissima giornata di agosto: il termometro segna 35 gradi quando esco di casa. Dopo un appuntamento un po’ rocambolesco a una fermata di un autobus, il cui nome è praticamente quasi identico anche per le successive tre fermate, ci fermiamo a fare rifornimento di acqua e bevande zuccherate e ci incamminiamo verso una fabbrica abbandonata che avevo scoperto pochi mesi prima. Durante il tragitto Skirl mi racconta della sua vita e delle sue disavventure: un fiume di parole, tanta voglia di raccontarsi e tanti incredibili aneddoti. Dopo appena dieci minuti che camminiamo mi ha già contagiato con il suo buonumore e ho la netta sensazione che sarebbe stata una giornata da ricordare.
Arrivati all’ex fabbrica abbandonata, il cui ingresso è proprio su una strada di passaggio e quindi ben visibile sia dai passanti che dalle vetture, scopriamo che il primo di due cancelli arrugginiti, fino a qualche mese prima aperto, è stato chiuso con un lucchetto. Proprio cinque minuti prima gli avevo raccontato delle mie vertigini e di quanto queste abbiano rappresentato un problema serio in diverse occasioni, tanto da farmi avere una volta un attacco di panico e da farmi, un’altra volta, rinunciare a entrare in una importante ex fabbrica piena zeppa di murales.
Ciò nonostante, con grande naturalezza, mentre la gente per strada ci guarda, Skirl inizia la sua arrampicata per scavalcare: faccio un bel sospiro e lo seguo anche io, per fortuna, senza grandissime difficoltà per l’altezza ma con una discreta paura che qualcuno potesse chiamare la polizia.
Paura che svanisce dopo neanche un minuto dopo aver scavalcato: merito, come già successo all’ex manicomio di Colorno, dell’adrenalina e del paesaggio che ci si presenta davanti agli occhi.
Anche il secondo cancello, che la volta precedente avevo trovato accostato, è chiuso ma in questo caso basta allentare e togliere i fili di ferro che ne impediscono l’ingresso.
Siamo finalmente dentro all’ex area industriale e abbiamo tantissime strutture, ruderi e tantissimi muri a disposizione, molti ricoperti di edera e vegetazione. L’edificio da lui preferito, nonostante una parte di soffitto crollato, sembra essere quello in condizioni migliori e, di conseguenza, quello con più zone di ombra.
Una volta trovata la parete giusta Skirl apre il suo zaino, pieno zeppo di bombolette, e tira fuori quella grigia, raccontandomi che è di gran lunga il suo colore preferito e che ne usa talmente tanto che i negozi di Vienna, dove dipinge assiduamente, sono costretti a ordinarlo in continuazione. Mi racconta inoltre che il suo salto da graffiti writer a “street artist” è arrivato appena due anni fa e che è entusiasta di entrambi i percorsi, che porta avanti parallelamente. In realtà, anche i suoi murales, sia astratti che figurativi, spesso contengono la sua tag: le lettere si espandono e si allungano, come fossero degli organismi viventi, fino a un’astrazione che rende difficile codificare l’opera e la scritta. Il risultato finale è spesso una massa informe, resa tridimensionale dalle ombreggiature, che cattura l’attenzione dello spettatore anche a distanza. A caratterizzare i suoi lavori su muro, tutti realizzati freestyle, ovvero senza bozzetti, e con bombolette spray, è una fitta e precisa serie di linee, che a volte viaggiano parallele, altre volte, spesso con scelte cromatiche diverse ma sempre armoniose, vanno a delineare forme diverse all’interno di un’unica composizione. Insomma, tanta bravura, tanta precisione e un’ottima tecnica, affinata grazie ad anni di writing.
Per il posto abbandonato Skirl sceglie una base grigia e una composizione di linee blu. Due buchi nel muro diventano cerchi all’interno del suo murale e il girarci intorno li fa assomigliare a degli occhi. Come giustamente mi fa notare “sono queste le cose che amo di più del dipingere senza sketch, posso studiare ogni muro sul momento e sfruttarne le caratteristiche”. Come dargli torto. Gli segnalo, allora, altri artisti italiani che fanno lo stesso: il primo che mi viene in mente è Dissenso Cognitivo.
Mi racconta poi che a Vienna i posti abbandonati sono pochissimi, poiché vengono tutti immediatamente riconvertiti in abitazioni. Lui, di fatto, non ne ha frequentati moltissimi e in generale ama più dipingere in strada, ma mi dice di aver apprezzato molto la fabbrica che avevo scelto per lui, tanto da decidere di fare due pezzi.
Alla fine del primo scatta diverse foto con la sua macchina fotografica professionale: da bravo writer dà un’importanza notevole alla qualità della foto conclusiva.
Prima di passare a un’altra sala mi fa una sorpresa. Decide infatti di aggiungere una dedica a Urban Lives e di scattarmi una foto davanti all’opera: sono felicissima!
E’ forse la quarta volta in due anni che un artista dedica un murale a Urban Lives, prima di lui Riky Boy, Astro Naut e Irwin, e ogni volta era una grande emozione: lo trovo un pensiero bellissimo. Ci spostiamo poi alla sala accanto, quella con il tetto mezzo crollato: è davvero suggestiva, con le sue geometrie casuali nel cielo, create dalla rete di travi, e la luce che filtra lateralmente. Per questo secondo muro Skirl opta per un bel lettering nero old style, ben più veloce da eseguire del primo.
Ha praticamente ultimato gli outline, mentre io a qualche metro di distanza sto scattando delle foto, quando accade qualcosa che non ho mai considerato durante le mie esplorazioni in luoghi abbandonati: in pochi secondi ci raggiungono correndo, e alquanto minacciosi, due grandi cani neri. Non ho il tempo di fare nulla, tutt’al più che tra me e Skirl c’è una bella montagna di rifiuti e detriti: in quei pochi secondi, mentre li vedo sfrecciare abbaiando furiosamente verso di me, sono convinta che mi avrebbero assalito. Ho sempre avuto una fantasia un po’ macabra e splatter, immagino quindi già i loro morsi, il sangue, le urla.
Skirl mi dice a bassa voce di restare immobile e così faccio: i cani si fermano a circa un metro da me, alle mie spalle, continuando ad abbaiare.
In un tempo che mi pare davvero infinito posso sentivo il cuore che batte fortissimo, anche volendomi muovere non ce l’avrei fatta, sono paralizzata dalla paura: avere una situazione di pericolo e per di più alle spalle non è una sensazione piacevole.
Io e Skirl ci guardiamo interrogandoci su cosa fare. A un certo punto sussurra di raggiungerlo lentamente ma non ne ho il coraggio, finché con lentezza ma con determinazione nasconde le bombolette sotto un secchio, trova a terra un pallone sgonfio e lo tira il più lontano possibile, e incredibilmente i cani si allontanano per prenderlo. Temendo il loro ritorno raccogliamo tutte le nostre cose e andiamo via, senza correre ma a passo deciso. Poiché ho il timore di non essere ancora fuori pericolo scrivo un messaggio a un paio di amici per spiegare rapidamente la situazione e dove ci troviamo: ho realizzato che nessuno sapeva dove fossi e che, in effetti, può essere una buona norma avvertire sempre qualcuno.
Strada facendo l’artista mi dice che gli è già capitato, anche per questo sa esattamente come comportarsi. Una cosa è certa, se non ci fosse stato lui sarei probabilmente morta, forse non per bocca dei cani ma dalla paura. Altra cosa certa: le prossime volte, nei posti abbandonati, girerò sempre con una bella confezione di croccantini per cani nello zaino!
Per fortuna tutto va per il meglio, superato il primo cancello tiro un bel sospiro di sollievo. Non ho nemmeno più paura di scavalcare, sempre sotto gli sguardi dei passanti, il cancello di ingresso.
Fatta eccezione per la disavventura dei cani sono davvero contenta: per le risate, la bella chiacchierata, per averlo visto dipingere dal vivo e per la suggestiva location.
Alla chiacchierata durante la pittata nella ex fabbrica, ne segue un’altra, prima davanti a una pizza al taglio e poi davanti a una birra. Skirl si dimostra essere una persona brillante, divertente, preparata e con una storia alle spalle fitta di viaggi in giro per il mondo e incontri.
A proposito dei suoi viaggi, molti all’insegna dell’arte in generale e del writing in particolare, mi racconta di essere già stato in Italia numerose volte e in diversi anni, di aver dipinto in tutte le metro di Italia, di conoscere tantissime persone e innumerevoli crew e di appoggiarsi ogni volta che può ai locali, come in questa occasione ha fatto con me (“senza di te non avrei mai trovato un posto del genere dove dipingere”).
Oltre a raccontarmi tanto di sé si dimostra sinceramente interessato e colpito da quella che è la mia attività con Urban Lives: mi fa tante domande, ascolta con interesse la mia storia e, cosa ammirevole, presta molta attenzione quando gli parlo di artisti italiani e quando gli mostro i loro lavori attraverso i loro canali Instagram, attraverso il mio smartphone. Lo scambio di informazioni è reciproco, anche io annoto nell’arco della serata qualche nome da lui consigliato.
La giornata si conclude alla stazione, proprio una delle stazioni di Roma in cui la sera prima ha fatto un’incursione notturna: un abbraccio, un reciproco ringraziamento e un saluto, “a prestissimo”. Ci accordiamo, infatti, che ci saremmo rivisti dopo una sola settimana, quando sarebbe ripassato a Roma dopo un viaggio da suoi amici di Napoli.
E così è stato: il secondo incontro con Skirl avviene il giorno di Ferragosto, in una Roma deserta ma affascinante. Per prima cosa lo porto in giro per il quartiere Ostiense, dove gli parlo ancora un po’ della scena locale e gli mostro diverse opere tra cui il murale di Blu a via del Porto Fluviale, prima tappa di tutti i miei giri romani di street art con artisti, e il “Jumping wolf” di trenta metri del belga Roa, a Testaccio. Proprio davanti a quest’ultimo, mentre ci siamo fermati a fare come di consueto qualche considerazione, gli racconto delle polemiche che erano insorte all’epoca a Roma, “per quella lupa capitolina che somiglia a un ratto”, mentre lui mi rivela che la lupa è proprio il soggetto a cui ha pensato per la sua terza opera romana. Dopo aver ammirato e fotografato i treni della stazione Ostia Lido ci spostiamo a San Lorenzo: percorrendo la strada da Termini fino a lì a piedi mi fa notare le tag dei suoi amici writer e in particolare di alcuni writer più famosi, praticamente un corso accelerato di graffiti writing di cui faccio tesoro. Una volta arrivati a San Lorenzo vedo nei suoi occhi lo stupore tipico di un qualsiasi turista capitato in questa zona di Roma. Per chi non la conoscesse San Lorenzo è una zona universitaria, allegra e molto confusionaria, in cui si respira davvero romanità, con tanti pub e trattorie, un melting pot di culture e cucine diverse e una quantità impressionante di scritte e tag, alternati qua è là a qualche murale, che ricoprono ogni via, risparmiando per fortuna le mura antiche.
Tutti gli artisti che ci ho portato ne sono rimasti affascinati, e Skirl non è da meno. Giriamo in lungo e in largo, nel silenzio inverosimile di Ferragosto, imbattendoci solo in qualche persona anziana e qualche ragazzo di passaggio in motorino. Quando lo sguardo, tra una chiacchierata e l’altra, scorre in maniera naturale sulle superfici dei muri, è normale che con gli artisti ci si sorprenda insieme quando ci si imbatte in uno spot suggestivo, perfetto per un murale. Esattamente questo accade in una via di San Lorenzo: Skirl si innamora a prima vista del muro di un piccolo edificio, apparentemente abbandonato. Per prima cosa ci affacciamo, per capire se qualcuno vi abitasse dentro: mentre cerchiamo di capire cosa fare, se fosse possibile chiedere a qualcuno il permesso per il muro, ci passa davanti un ragazzo tunisino. Gli vado incontro presentandomi e, facendo da interprete, gli presento anche Skirl.
Ci racconta la sua storia e di vivere lì con suo fratello da quattro mesi, con la benedizione e il permesso del proprietario e dei vicini: la stessa benedizione che riceviamo anche noi per dipingere quello che è di fatto uno dei muri della sua casa.
Per tutto il tempo in cui chiacchieriamo il ragazzo si mostra grato, sorridente e generoso come pochi: sia io che l’artista abbiamo letto nei suoi occhi fin da subito un animo gentile e buono e la prima impressione si era rivelata giusta.
La realizzazione dell’opera richiede “un’ora e venti”, come mi avrebbe successivamente detto Skirl (perché un vero writer non perde mai di vista l’orologio).
Sfruttando come la volta precedente la forma, la grandezza e le caratteristiche del muro rappresenta, come annunciato, una lupa, incinta: un chiaro omaggio e regalo alla città di Roma, a cui con il passare del tempo sembra essere sempre più legato. E a proposito di regali decide, alla fine, di aggiungere una dedica per il ragazzo tunisino. Non possiamo essere più felici, per questo incontro e per questo bell’epilogo di giornata.
Ci fermiamo, poi, a chiacchierare e a fumare, osservando le mura antica e godendoci la tranquillità del luogo, mista alla gioia per il murales realizzato. Un tanto agognato pezzo di pizza e un bel piatto di pasta concludono quella che è l’ultima serata romana del viennese Skirl: un artista gentile, sensibile e allegro, desideroso come pochi di fare nuove scoperte ed esperienze, ed entrare profondamente in contatto con le persone e con la parte vera e genuina delle città, non quella “da cartolina, piena di turisti”.
Credo proprio che la Roma dei sottopassaggi, delle tag, delle numerose stazioni, dei posti abbandonati, delle persone sorridenti e genuine lo abbia conquistato: e io non posso che essere felice di averlo accompagnato in questo breve ma intenso viaggio.
Maggiori informazioni su Skirl:
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Foto credits:
Ivana De Innocentis, Skirl e Oscar Giampaoli
Due giornate a Roma con l’artista Skirl di Vienna
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