Il 27 maggio 2016, presso S. Verdiana, DIDA dipartimento di Architettura all’Università degli Studi di Firenze, si è svolto il seminario “Faccia al muro. L’Arte urbana e la città“.
I relatori: Alessandro Dal Lago – Serena Giordano, Città, Arte e potere; Mauro Filippi, Palermo, Borgo vecchio e l’Arte per strada; Ivana De Innocentis, Urban Lives: l’arte urbana italiana vissuta, documentata e raccontata in un blog; M.E.P., La poesia sulla città; Simone Pallotta, Criteri estetici e criteri etici della curatela dell’arte pubblica; Interventi del pubblico; Collettivo FX, Arte, memoria e resistenza: i progetti “Officine Reggiane” e “Dietro ogni matto c’è un villaggio”; Marcello Faletra, Il diritto alla città e lo spirito del graffitismo; Hopnn, I laboratori d’arte di strada nelle scuole; Guerrilla Spam, “Quando il pennello è un machete”: l’arte non autorizzata valore per la collettività; Pietro Rivasi, Zero Tolerance.
Una giornata densa con tanti stimoli e spunti di riflessione, un pubblico prevalentemente di giovani curiosi e interessati. Non si è affacciato alcun censore, nessun “Angelo del bello”, nessuna associazione del cortocircuito logico “atto vandalico intervento su muro, opera artistica intervento su pannello”. Pazienza. Sarebbe stata una opportunità (per loro) per incontrare quei mondi di cui parlano molto senza averne alcuna conoscenza.
Gli artisti urbani, etichettati come ‘vandali’ dalla retorica politica del ‘degrado’ e del ‘decoro’, dell’’illegalità’ e della ‘sicurezza’, sono al momento il capro espiatorio di tante amministrazioni pubbliche italiane afflitte dal moralismo ipocrita di una vecchia pratica retorica. Ma di chi è la città? Alessandro Dal Lago e Serena Giordano hanno voluto sgombrare il campo da argomenti di tipo estetico (i graffiti sono belli o brutti?) spesso usati per nascondere il vero problema: il potere.
Nel panorama urbano, si mescolano le insegne delle multinazionali o delle banche che possono tranquillamente vandalizzare palazzi storici di pregio, cartelloni pubblicitari, che possono incitare al razzismo, al maschilismo e all’omofobia, segnaletiche deturpanti, monumenti spaventosi e mostri partoriti dalla speculazione edilizia. Chi sono i vandali? Chi i responsabili di un inquinamento visivo pervasivo? Pietro Gaglianò ha esposto quale meccanismo regola la città ‘brandizzata’: il profitto.
Agli artisti urbani si imputa l’insorgere di episodi di delinquenza e il venir meno della coesione sociale. Il progetto di Collettivo FX “Dietro ogni matto c’è un villaggio” dimostra esattamente il contrario. 16 tappe in varie città italiane, un muro un matto, la gente che si ferma sotto quel muro e comincia a interagire, ricordando si racconta, recupera il senso dell’essere comunità e quella memoria collettiva che implica anche un esame di coscienza. Gli artisti colmano vuoti e ricuciono strappi anche alle ex-Officine Reggiane, luogo di coraggiose lotte operaie, per contrastarne l’abbandono funzionale alla speculazione edilizia.
Il punto non è se un graffito è autorizzato o no, ma piuttosto CHI lo autorizza. Secondo FX, gli unici da interpellare sono gli abitanti del luogo in cui si decide di intervenire: saranno i loro racconti, suggerimenti, bisogni e segnalazioni l’unico consenso davvero autorevole capace di legittimare il lavoro. L’esperienza di Borgo Vecchio Factory a Palermo, raccontata da Mauro Filippi, dimostra quanto l’Arte per strada possa contrastare l’emarginazione sociale e culturale di un intero quartiere.
Hopnn, l’artista che invita a cambiare il mondo partendo da una semplice bicicletta, lancia provocatoriamente alla scuola una sfida, testando il livello di intelligenza e modernità degli insegnanti e dei dirigenti scolastici che, in alcuni casi, accettano, dandoci così qualche speranza. I suoi laboratori di Street art per piccoli e grandi sono uno strumento per parlare d’arte in modo contemporaneo (in una scuola in cui i programmi ministeriali di arte si fermano al Romanticismo nel migliore dei casi), per uscire da scuola e confrontarsi col mondo reale, per decostruire preconcetti e luoghi comuni fin dalla più tenera età, come, per esempio, quello del ‘bel disegno’.
I Guerrilla Spam costringono a ragionare sulle menzogne, l’indifferenza, l’ambiguità del potere. Sbeffeggiano, urlando dalla strada, il mondo dell’arte ufficiale che se ne sta all’interno di una bella galleria. Dare fuoco alle proprie opere per terrorizzare i collezionisti, riprodurle, tali e quali, sui muri della città per mettere in discussione l’idea di originale, far convergere tutti (artisti, ma anche non artisti) su un tema piuttosto assurdo in uno spazio surreale, chiedendo un contributo: insomma, usare l’arte come provocazione intelligente. Tutto questo (e altro) è Guerrilla Spam. Per saperne di più un articolo Urban Lives sugli Angeli del Bello.
Gioverebbe a molti ascoltare l’intervento di Marcello Faletra (è suo il recente saggio Graffiti. Poetiche della rivolta, Postmediabooks 2015) prima di esprimere giudizi e rilasciare dichiarazioni che dimostrano l’assoluta mancanza di un corretto approccio storico, concettuale e terminologico. Marcello Faletra ripercorre le tappe della Street art con la doverosa precisione che merita un fenomeno che, dalla fine degli anni Sessanta in poi, ha raccontato la città e i conflitti, desideri, ingiustizie e rivolte che la animano, sottolineando così anche i presupposti teorici che fanno dell’Arte urbana uno straordinario mezzo per comprendere la contemporaneità.
Fermamente schierata contro i finti progetti di Street art per la riqualificazione urbana (“un’occasione spesso sprecata per fare qualcosa di utile”) e qualsiasi intervento che strumentalizzi l’arte di strada, Ivana De Innocentis ha spiegato il lavoro meticoloso che sta dietro al suo blog Urban Lives. Seguendo e intervistando gli artisti, riprendendo il loro lavoro e testimoniandone l’importanza, senza alcuna intenzione classificatoria, raccoglie e testimonia, realizzando un archivio utile a far conoscere le ragioni dell’Arte urbana e decostruire i luoghi comuni.
Simone Pallotta, da anni curatore di Arte urbana e Arte pubblica, ha sottolineato l’importanza della progettazione nel lungo termine, in relazione al quartiere e a chi lo abita, ai bisogni funzionali, incidendo significativamente sul tessuto urbano, e quanto sia inutile proporre ‘pittate’ sulle pareti dei palazzi di periferia al solo scopo di trasformarli in precaria e momentanea attrazione turistica? Simone Pallotta ipotizza una relazione fra istituzioni e artisti urbani. E’ possibile creare progetti insieme? Chi si occuperà delle opere se e quando saranno abbandonate a se stesse? La relazione fra cittadini e artisti può o deve essere mediata e organizzata dalle istituzioni pubbliche o private? E ancora: occorre mettere ordine nel ricco panorama della Street art evocando la figura del critico?
I censori, preoccupati solo della veste, dovrebbero meditare sui fogli A4 che il MEP attacca in giro: garze e bende di poesia per curare il corpo della città, la comunità, contaminata dal transitorio, dalla solitudine e dall’abbandono, dall’autoreferenzialità e dall’anonimia. Un’iniziativa che porta la poesia fuori dalla sua condizione di marginalità, gettando un sassolino nel meccanismo del copyright e sbeffeggiando la figura del poeta come artista distante dal mondo reale. Le poesie sui muri riempiono vuoti di solitudine, ironizzano sulla città e contribuiscono a dare voci ai muri, spazi capaci di assorbire e restituire pensieri. Un’idea, fra l’altro, insolitamente interattiva della poesia.
Tolleranza zero! Pietro Rivasi ha contribuito con un racconto ricco e ironico che ha come protagonisti i molti strumenti per combattere il graffiti writing e il cosiddetto “vandalismo”: strategie perdenti di repressione, tecniche di cancellazione che attingendo alle tasche dei cittadini provocano intossicazioni, leggi discutibili sotto ogni punto di vista e rappresaglie di ogni genere. Un esilarante e serissimo reportage sui nostri nemici giurati ai quali, tutto sommato, dobbiamo riconoscere la capacità di non annoiarci mai.
SERENA GIORDANO / RAFFAELLA GANCI
Seminario “Faccia al muro. Arte urbana e la città”
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