Ci sono valori che smuovono coscienze, ci sono persone che smuovono persone, ci sono luoghi che diventano comunità, ci sono storie che non vanno dimenticate.
A Reggio Emilia l’11 ottobre alle Officine Reggiane, luogo e realtà di cui vi ho parlato a lungo su Urban Lives, è stata organizzata una jam di artisti, locali e non, che hanno omaggiato l’occupazione della fabbrica, avvenuta il 9 ottobre del 1951. La ricorrenza, in particolare, ha riguardato i 65 anni dall’occupazione delle Reggiane, iniziata l’8 ottobre 1950 per protestare contro 2.100 licenziamenti: la più grande occupazione operaia di una fabbrica nella storia d’Italia.
Con immenso dispiacere non ho potuto prendere parte a quello che si è rivelata essere una giornata memorabile, in termini umani, artistici e storici, per la cittadinanza e per gli artisti di Graffiti Reggio Emilia e non solo.
Il calore delle persone presenti e le parole commosse degli artisti che hanno partecipato mi hanno convinto a raccogliere più testimonianze possibile, per rendere partecipi anche voi di quello che è successo.
Ringrazio tutte le meravigliose persone che ho sentito e che mi hanno raccontato il loro punto di vista.
Ringrazio tutti coloro che mi hanno inviato le loro foto, in particolare Paolo Cagnan (Gazzetta Reggio Emilia), Elena Leonelli e Gigi Sartori, e ringrazio la Gazzetta di Reggio Emilia, di cui consiglio il bellissimo approfondimento:
Collettivo FX: un mese fa eravamo sul furgone del Bibbito al rientro da una pittata giornaliera su un cavalcavia lungoautostrada. Sono venute fuori le Reggiane. Per noi, che pittiamo lì da anni, quando si parla delle Reggiane ci sale sempre un po’ di orgoglio, ma non di quello “quanto siamo bravi”, ma del tipo “pittiamo in un posto incredibile”. È in questo posto incredibile che hanno fatto un’occupazione incredibile di un anno in cui hanno prodotto un trattore che chiamarono R60. Duemila operai con famiglia senza stipendio vanno a lavorare per dimostrare come la fabbrica può vivere producendo materiale civile e non bellico; la città a sostenere questa storia, portando cibo e appoggiando la battaglia. Il tutto iniziava l’8 ottobre del ’50 e finiva il 9 ottobre del ’51. Così abbiamo deciso di fare una Jam dedicata all’R60 la domenica più vicina alle ricorrenza. Si coinvolge Rhiot, Hang e Psiko Patik nell’organizzazione e si inizia a chiamare gente che pitta. Ma l’ospite principale volevamo fosse una che non dipingeva: Giacomina, classe ’25, che quell’R60 l’aveva guidato, sessantacinque anni prima, alle Reggiane tra gli operai che avevano occupato e prodotto il trattore. Così Adriano Arati, storico vero, che ci aveva raccontato questo aneddoto, si sbatte per noi per contattare Giacomina, combinarci un appuntamento per venerdì 9 ottobre e incontrarla. “Signora, domenica alle Reggiane c’è un sacco di gente che vorrebbe conoscerla”; “dammi del tu” “Giacomina, domenica dipingiamo alle Reggiane per l’R60 e il nostro sogno e che ci venga a trovare”, “va bene! ci sarò”.
Così Giacomina che sta a trentacinque chilometri, monta sulla sua auto, e da sola se viene alle Reggiane. Sessantacinque anni dopo. Ha una battuta per tutti, dai ragazzi che vengono dalla Sardegna, da chi è molto giovane, fino a chi ha figli. Fa la su tag seguita da Psiko Patik e ci saluta.
Alle jam hanno partecipato almeno quaranta tra street artist e writer, provenienti un po’ da tutte le parti.
Ecco alcuni nomi: Ali Zaidi, Psiko Patik, Reve Più, Nemo’s, About Ponny, Shake, Casear, Lante, Chomp, Ricky Boy, Meck, Guereza, Tilf, Blackwan, Pepe Coibermuda, Nickle Tackle, Filippo Garilli, mr.Dada, ilProff, Caker, Grefo, Andrea Casciu, Over, DissensoCognitivo, Hang, Rhiot, Reni, Zolta, Lo Sbieco, Bibbito, Exit Enter, Wondo.
C’è un aspetto in tutto questo, marginale rispetto alla storia, all’R60 e a quello che è successo domenica: il tutto è stato fatto in modo spontaneo: street artist e writer, chiamano altri street artist e writer e si danno appuntamento per una pittata dedicata ad un evento storico in una fabbrica abbandonata. Meno contenitori e più contenuti. Grazie.
Riky Boy: devo dire che è stata un’esperienza bellissima, diversa dagli altri eventi a cui ho partecipato, ho sentito un’atmosfera molto accogliente molto simile a quello che provo al Castello di Zak.
Nemo’s: È stato un evento esemplare. Una cosa del genere credo che non sia mai successa o non l’ho mai vista in Italia: posto abbandonato, artisti da tutta Italia. Un ringraziamento ai reggiani che hanno organizzato dal basso qualcosa di meraviglioso, senza sponsor.
Io ho preso un treno da Messina, 14 ore di treno notte per la Jam, per poi tornare in Sicilia il giorno dopo. Avrei fatto anche il doppio delle ore di viaggio perché ne è valsa la pena. Si sentiva l’unione di persone per produrre, disegnare insieme, celebrare qualcosa di storico.
Pepecoibermuda: è la seconda o terza jam organizzata dai soliti noti a cui partecipo. Il mio rispetto va al Bibbito e al Collettivo per il loro spirito di iniziativa sempre costante per la loro voglia di “sbattersi” per promuovere l’arte di strada, e più in generale, va alla scena reggiana che ormai è da considerarsi un punto di riferimento per l’arte di strada. Li ringrazio per avermi dato l’opportunità di conoscere Giacomina, occhi azzurri pieni di vita e mani piene di storia che ha dimostrato a tutti i presenti, se ce n’era bisogno, cosa vuol dire al giorno d’oggi “sbattersi” e credere per un ideale.
Elena Leonelli (Bologna Street Art): I ritrovi alle Reggiane stanno diventando un’abitudine e le impressioni avute durante questa giornata non si discostano da quelle avute durante gli eventi precedenti.
Hang: ho trovato un’atmosfera veramente celebrativa dove ognuno secondo il suo stile ha interpretato quello che per Reggio Emilia è stato un momento storico, dove la città, i contadini, tutti hanno sostenuto gli operai che occupavano portando cibo o semplicemente sostegno morale, avere poi il piacere e l’onore di conoscere quella che era una ragazza al tempo che guido il trattore fuori dall’officina è stata la consacrazione di una giornata che rimarrà sicuramente nella mia memoria e spero faccia altrettanto ai visitatori occasionali delle officine facendogli rivivere le emozioni che abbiamo tradotto un segni e colori.
ABOUT PONNY: lavorare alle Reggiane è sempre un’emozione, ci sono luoghi destinati ad entrare nella storia e questo è uno di quelli. Quando sono solo alle officine, mentre dipingo sento la pesantezza di questo luogo, la storia che grava sulle colonne, e nel silenzio, a volte, le voci degli operai; quante vite in 100 anni di lavoro. Quando è arrivata giacomina è stato un momento fantastico, passato che si univa al presente e l’anello di congiunzione era lei che taggava il muro. mi ha fatto ridere mentre diceva… “ora quest’arte come facciamo a portarla via…”Le Reggiane sono entrate nella storia per l’industria di un tempo ma mi piace pensare che quel vecchio rudere lo rimarrà per il tempio di street art che è diventato.
CESAR: Il gruppaccio delle reggiane riunito a elogio dei sani valori della lotta e della protesta operaia. un concentrato di sincerità, bella gente e presa bene. Grazie a tutti!