Da quando ho inaugurato ufficialmente una sezione del sito Urban Lives sul graffiti writing il mio interesse per questo mondo è cresciuto a dismisura. Ho sempre amato i graffiti e pur non avendoli mai studiati approfonditamente ho osservato la nascita e lo sviluppo negli anni ’90, periodo in cui sfogliavo un mare di fanzine. Da quando la mia indagine sul campo mi ha fatto deviare dai muri alle stazioni, da quando ho capito finalmente cosa si prova a dipingere un treno, tutto è cambiato. Ora al bombardamento artistico a cui mi piace assistere, abbino un bombardamento di video, foto, letture, e anche le fanzine sono rientrate nella mia vita. Una di queste, ovvero Graffgo, una delle migliori in cui mi sia recentemente imbattuta, ha appena lanciato il terzo numero, l’edizione rossa. Splendida veste grafica, ottimi contenuti, nomi interessantissimi e un bel video trailer ad anticiparne l’uscita. Per chi non la conoscesse, Graffgo è un progetto di un gruppo di amici ed è un magazine nato in Sicilia nel 2015. Ho avuto il grande piacere di conoscere, per ora solo virtualmente, uno dei fondatori e di fargli qualche domanda.
Raccontami come è nata la rivista: qual era e qual è il vostro obiettivo principale?
L’idea è nata dalla voglia di creare un magazine cartaceo, un prodotto fisico che finisse in mano di appassionati del genere. Tutti i componenti di Graffgo magazine proveniamo dalle arti visive e siamo amanti dei graffiti. Scherzavamo spesso sulla questione fin quando un giorno ci siamo ritrovati dietro un pc ad impaginare Yellow edition, il primo numero che andò in sold out in due mesi.
Avete già qualche idea in cantiere per il prossimo numero?
Sinceramente no. C’è sempre una componente di improvvisazione soprattutto all’inizio. Lo scopriremo in futuro insieme, non mancheremo di rendervi partecipi.
Quali sono le altre vostre fanzine preferite, italiane e straniere?
Questa è una domanda a cui non sapremmo rispondere. In realtà abbiamo molto rispetto di chi come noi porta avanti progetti del genere, ci sentiamo di dire quindi che ci piacciono un po tutte le fanzine in giro perché, in qualche modo, stiamo contribuendo alla documentazione di questo fenomeno e un giorno la nostra testimonianza sarà preziosa ai posteri.
Qualcuna da cui avete preso particolarmente ispirazione?
Stylefile, Paper experience, Egowar. Ci sarebbero moltissimi nomi che potremmo citare.
In uno dei numeri di Graffgo, ovvero nell’edizione gialla, avete dedicato diverse pagine a un approfondimento sul graffiti writing a Catania negli anni ’90, rispolverando prezioso materiale fotografico dell’epoca. Mi viene però spontaneo chiederti, com’è la scena ora, a Catania in particolare e in Sicilia in generale?
Secondo noi adesso è tutto molto più interessante. E’ chiaro che bisogna osservare il caso con delicatezza, c’è molto fermento in Sicilia e bisogna fare attenzione a non fare confusione. Il fatto che le istituzioni si interessino di arte urbana e che investano in eventi culturali è sicuramente un bene per tutti. Ci sono tantissimi artisti veramente bravi in giro, gente che sta scrivendo pagine di storia e sta suscitando interesse nel mondo e questa cosa ci rende orgogliosi. Questo però non significa che stia andando tutto per il verso giusto. Si sta un po perdendo lo spirito street. Noi intanto stiamo qui ad osservare e a raccontare l’evoluzione dei fatti.
Nell’edizione rossa appena uscita, c’è un’interessante intervista a Nemcouno. Quali altri writer, italiani o stranieri, desiderate o sognate di intervistare?
In realtà abbiamo sempre trovato molto interessante raccontare storie di artisti non troppo blasonati, conoscere il loro modo di lavorare e di approcciarsi alla vita. Un punto fondamentale del nostro magazine è quello di raccontare storie vere, che vengano dal basso, ecco perché cerchiamo sempre il giusto mix tra artisti in voga e realtà più underground.
Un viaggio che sognate di intraprendere?
Singolarmente immaginiamo mete diverse. Se dovessimo pensare ad un viaggio di gruppo sicuramente sarebbe bello rimanere in Europa e documentare il movimento delle città più piccole. E’ li che si scoprono sempre cose interessanti.
Che cosa ne pensate di questa crescente fusione tra graffiti writing e “street art”? E dei writer che hanno intrapreso questa seconda strada, andando sempre più verso il muralismo, e che hanno del tutto o quasi del tutto abbandonato la prima?
Crediamo che sia un processo naturale e spontaneo e non ci siamo mai permessi di puntare il dito contro qualcuno in favore di altri. Amiamo i graffiti tradizionali e altrettanto la street art. Ognuno è libero di fare ciò che gli pare, a costo di produrre delle belle immagini che diano speranza e forza ai fruitori, questo è l’unico punto su cui crediamo fermamente.
In generale cosa pensate della street art in Italia?
Che gli italiani sono dei grandi artisti lo dice la storia, anche oggi in tema di street art abbiamo dei nomi che sono indiscutibilmente delle colonne portanti di questo movimento artistico e culturale. Quello che mi piacerebbe accadesse è che il nostro paese si faccia nuovamente portavoce di bellezza e cultura e che attui un processo di rinascita attraverso l’arte urbana.
I nostri progetti editoriali sono diversi, eppure ci accomuna la necessità di documentare e di raccontare. Cosa pensate andrebbe fatto in Italia in questo senso? E che consiglio dareste a chi come me tenta come può di essere portavoce di questo mondo?
Il consiglio che ci sentiamo di dare è di non mollare alle porte in faccia, alle batoste, al malcontento degli artisti, ai soldi di tasca investiti e a tutte quelle cose fastidiose che succedono quando si porta avanti un progetto indipendente. Viviamo in epoca dove siamo tutti artisti e personaggi di spettacolo. A qualcuno tocca raccontare i fatti e noi abbiamo il grande privilegio di scrivere queste pagine di storia.
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