Una settimana a Berlino tra murales, interviste e luoghi abbandonati

Urban Lives alla scoperta delle capitali europee della street art

Quando ho deciso di lanciarmi nell’avventura editoriale di Urban Lives nutrivo la speranza e l’ambizione di riuscire a esplorare al meglio il territorio nazionale attraverso l’arte di strada, gratuita e accessibile a tutti. Questa ci fornisce un motivo in più per esplorare città e paesi, per viaggiare, per scoprire posti, itinerari e quartieri che altrimenti non avremmo neanche considerato di visitare.
Non a caso Urban Lives ha cambiato il mio modo di viaggiare: trasferte sempre più frequenti, itinerari sempre più complessi, bagagli sempre più leggeri, il tutto accompagnato dalla voglia e la necessità di cercare e creare un legame con gli artisti e le persone locali, di indagare e di documentare, facendomi portavoce di storie ed esperienze vissute.
I primi due anni di Urban Lives ho viaggiato, percorrendo in lungo e in largo l’Italia, concentrandomi appunto sull’arte urbana nel territorio nazionale: per amore del mio paese e per supportare la scena nazionale ho del tutto rinunciato a viaggiare all’estero. Finché un giorno, inaspettatamente, è stato l’estero a trovare me: quasi un anno fa, infatti, alcuni artisti stranieri hanno iniziato a contattarmi, per un saluto, per una proposta, per una richiesta di aiuto per eventuali viaggi in Italia. I primi incontri e le prime chiacchierate con artisti di altri paesi, tra cui Kiddy Citny, Dzia e Skirl, hanno innescato in me il desiderio di intraprendere un nuovo percorso di scoperta e di ricerca, che avesse come focus centrale il confronto tra culture, tra scene artistiche e movimenti diversi. Ho allargato i miei orizzonti verso nuove mete, con la ferma volontà di incontrare, come sempre, artisti locali, che mi mostrassero, attraverso le loro testimonianze e i loro racconti, uno spaccato della vita cittadina e della sua cultura underground.

Prima tappa all’estero #UrbanLivesOntheRoad: Berlino

Prima tappa di questo nuovo progetto non poteva che essere Berlino, una città che dell’underground e dei graffiti, in Europa, ha fatto la storia. Quando ho deciso di partire, incitata dal pittore Kiddy Citny (“dinosauro della street art”, il primo a dipingere sul Muro di Berlino insieme a Therry Noir), precedentemente conosciuto a Parigi e intervistato per Urban Lives, non avevo un’idea ben precisa di come strutturare il viaggio.
Tutto quello che avevo erano un paio di contatti e di appuntamenti, i consigli di amici e artisti italiani (che ringrazio tantissimo!) e qualche artista e blogger locale, la voglia di vedere finalmente di persona alcuni luoghi e tappe storiche dei graffiti e della street art, il desiderio di viaggiare su quella metro tanto a lungo osservata nei video della mia crew preferita, quella dei 1UP. Proprio questi ultimi hanno rappresentato il secondo concreto motivo del viaggio: sapevo che, grazie a un contatto comune, sarei forse riuscita a incontrarli durante la mia settimana a Berlino, e quel “forse” era una ragione più che sufficiente per intraprendere questa avventura.
Tutto ha inizio ad agosto quando, provata da un’estate passata a scrivere e a lavorare duramente, decido di comprare un biglietto aereo di sola andata (avevo 16 giorni liberi e non mi era chiaro dove andare dopo Berlino) e di affittare un appartamento nel cuore di Kreuzberg, il quartiere dei 1UP, nonché uno dei più “cool” della città (come tantissimi tedeschi avrebbero poi commentato). Solo in un secondo momento avrei deciso di aggiungere al viaggio una settimana ad Atene, ma di questo vi parlerò più avanti. A soli tre giorni dalla partenza scopro che il mio ipotetico incontro con i 1UP è confermato, ed è previsto proprio per il primo giorno: mi sembra un sogno e vorrei urlarlo al mondo, ma preferisco mantenerlo segreto. Trascorro quindi i tre giorni che precedono la partenza con il pensiero fisso su tutte le curiosità che da tempo avevo su di loro, consultandomi solo con qualche persona fidata ed esperta, tra cui Pietro Rivasi. Oltre a questo incontro avevo fissato un appuntamento con il gentilissimo Kiddy Citny e con un altro artista con cui corrispondevo da tanto, il berlinese Ken Plotbot. Insomma, pur partendo da sola alla volta di una città sconosciuta e senza parlare una parola di tedesco, ero certa che sarebbe stato un viaggio ricco di emozioni.
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Arrivo a Berlino: aria familiare, sole, emozioni, Kreuzberg e 1UP crew

Non riesco a spiegare il perché ma quando sono arrivata a Berlino mi sono sentita subito a casa, sensazione che ho avvertito ancora più intensamente quando sono arrivata a Kreuzberg: pur essendo stata una sola volta a Berlino a 18 anni, un freddissimo viaggio in inverno di cui ricordo solo poche attrazioni turistiche, quei luoghi mi appaiono familiari, come poche altre volte nel corso dei miei viaggi. Forte anche di questa sensazione decido di trascorrere il pomeriggio perlustrando il quartiere, a caccia di pezzi dei 1UP e di arte di strada in generale, e complice la calda giornata estiva trascorro un’ora in un parco, in mezzo a tanti giovani che bevono birra, chiacchierano e prendono il sole. Scatto un mare di foto, soprattutto mi colpiscono un paio di pezzi realizzati con l’estintore, e mentre cammino penso alle domande per l’intervista e mi torna il ricorrente consiglio degli amici, quello di “guardare sempre in su”, a costo di tornare a Roma col torcicollo o di sbattere contro un palo (rischio sfiorato più volte).
Pensando all’imminente serata con i 1UP mi chiedo quante persone avrei incontrato e dove saremmo andati: ho solo un indirizzo e un posto, il che mi lascia spaziare con l’immaginazione.
La serata, alla fine, è stata a dir poco fantastica: due intense ore a chiacchierare con i membri storici della crew. In attesa di pubblicare l’intervista ai 1UP posso solo dirvi che è stato uno degli incontri più belli e forse significativi della mia vita. Avevo avuto ragione: anche solo quell’incontro valeva davvero il viaggio in Germania, e per questo devo ringraziare di cuore la persona straordinaria che mi ci ha messo in contatto.
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Primi giri a caccia di stencil, murales e graffiti

IMG_20160831_132837Il secondo giorno, ancora sorridente per la serata con i 1UP, lo trascorro girovagando nei due quartieri principali della street art, ovvero Kreuzberg, che non avevo ancora finito di esplorare, e Urban Spree. Tantissimi i chilometri percorsi sotto il sole, tanti gli adesivi Urban Lives attaccati in giro, tantissimi i murales che conoscevo solo in foto e che finalmente avevo l’occasione di vedere dal vivo.
IMG_20160901_210718Più o meno in ordine, partendo da un quartiere e arrivando all’altro a piedi, è possibile ammirare numerosissimi graffiti, tra cui quelli delle crew 1UP e Berlin Kidz, a volte presenti uno di fianco all’altro, come nel caso della famosissima facciata su cui ha dipinto anche Roa. Tanti gli stencil con le donne danzanti del francese Sobr, diversi quelli dell’uomo con la maschera anti gas di Ken Plotbot e qua e là presente anche qualche poster, come quelli dell’italiano Snem.
Per quanto riguarda i grandi muri, opere più o meno legali, sono da segnalare “Xberg Astronaut”, del portoghese Victor Ash, una piccola opera dell’inglese Stick nascosta dagli alberi, la straordinaria opera di Blu “Pink Man / Leviathan”, situato a Oberdam Bruke, lo “Yellow Man” dei miei amati Os Gemeos (a 10997 Oppelner Str. 3) e, una volta superato il ponte, le opere di TWOONE, Bordalo, Jimmy C e Zabou. Insomma, una splendida camminata che rappresenta solo uno dei tanti possibili itinerari a caccia di street art. A fine giornata sono ancora più felice della meta che ho scelto e ringrazio via messaggio tutti coloro che mi hanno consigliato e in alcuni momenti quasi guidato a distanza, tra tutti il fotografo Robby Rent.

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Una giornata nello studio del pittore Kiddy Citny

Il giorno dopo ho invece il grande piacere di visitare lo studio di Kiddy Citny, un appartamento grande e luminoso, immerso nel verde e nel silenzio. Sono trascorsi cinque mesi dal precedente incontro eppure sembra passato pochissimo tempo.
Chiacchieriamo a lungo, di tutto: dei suoi attuali progetti e di quelli futuri, dell’estate che abbiamo entrambi trascorso perlopiù da soli, concentrati sul nostro lavoro. Ci soffermiamo a lungo a parlare di Berlino: mi racconta che è una città entusiasmante da un punto di vista culturale e artistico. Tantissimi sono infatti i musei, le gallerie (il cui numero è probabilmente equivalente a quello delle chiese a Roma) e le iniziative di ogni tipo, tanto da mettere in crisi quotidianamente gli appassionati d’arte su quale vernissage scegliere e a quali eventi presenziare.
L’aspetto negativo di una città tanto stimolante non tarda però a venir fuori, e a confermarlo nell’arco della settimana saranno anche altri artisti: scopro infatti che i collezionisti e i galleristi tedeschi non puntano sugli artisti tedeschi. Nel venire a conoscenza di questo problema mi rendo improvvisamente conto che perfino le opere in strada, salvo i graffiti e qualche piccola eccezione, sono state quasi tutte realizzate da artisti di altri paesi.
Comprendo finalmente il perché dei frequenti viaggi all’estero di molti artisti tedeschi, e trovo davvero assurdo che pur vivendo in una città all’avanguardia come Berlino debbano puntare ad altri mercati.
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Circondati dalle bellissime tele di Kiddy, alcune molto più grandi di quello che pensavo e con dettagli e tecniche quasi impossibili da percepire dalle foto, gli faccio tante domande sulla sua arte e mi ritrovo a osservare insieme a lui ogni singolo quadro realizzato nell’ultimo periodo, quasi come fosse una mostra personale.
Mi dice di amare molto i colori accesi e quelli pastello, soprattutto le “tonalità Napoli” del giallo e del rosa (sarebbe interessante capire perché si chiamino così); in generale l’accostamento dei colori è per lui una fase fondamentale della realizzazione di un’opera e può richiedere molto tempo. Nei suoi quadri ama usare anche l’acqua, come me adora l’effetto delle colature. Mi invita infine a prestare attenzione ai vari strati di colore, agli elementi più o meno nascosti tracciati a matita, alle scritte ben selezionate che accompagnano i soggetti principali ma che sono per lui altrettanto importanti, e non ultimo alle tracce e alle sezioni in rilievo, che rendono i quadri ancora più vivi e interessanti se osservati con attenzione da vicino.
Scopro poi che la realizzazione di una tela può richiedere un giorno o un mese, anche di più: a volte gli piace iniziare più quadri nello stesso periodo, e se ha un blocco creativo su uno passa senza grandi problemi a un altro, per poi finirlo in un secondo momento. Decide ad esempio, con me presente, di portare avanti la realizzazione di una grande tela che raffigura un angelo: con l’immancabile accompagnamento musicale, perlopiù rock e punk, lo osservo e fotografo mentre aggiunge acqua e nuovi elementi cromatici, scola il quadro e poi inserisce altri segni ed elementi. Ci ritroviamo anche a cantare insieme mentre dipinge. Tra una fase e l’altra della pittura, intervallata dall’asciugatura della tela, continuiamo a parlare e ci perdiamo a parlare di viaggi e di esperienze. Mi racconta ad esempio di quando ha dipinto al Castello di Bari e a Milano, di quanto ami l’Italia e di quando ha avuto il piacere di conoscere Blu e io, come di consueto, colgo l’occasione per parlargli anche di altri artisti della scena italiana e gli mostro qualche foto (diffondere l’arte e la cultura italiana è una componente immancabile dei miei viaggi così come la volontà di creare connessioni tra artisti).
Quando gli chiedo se ancora si esibisce con il suo gruppo, il noto gruppo punk “Sprung aus den wolken”, mi sorprende nel raccontarmi che spesso organizzano performance durante i vernissage delle sue mostre e che ama cantare durante i live painting. Ripensa poi al periodo dei tour europei e a quelli in cui ha vissuto in squat, a Berlino e a Londra: mi parla dei tempi in cui il punk, la ribellione, le occupazioni, le lotte politiche e gli eccessi erano autentici e, seppur accompagnati dall’abuso di droghe, erano un collante costruttivo tra i giovani, qualcosa che si è oramai perso nel tempo, come la voglia di emergere, anche sul piano creativo, lottare e condividere ideali. Dopo la lunga chiacchierata e un numero imprecisato di caffè americani, usciamo dallo studio e, verso il calare del sole, mi porta a fare un giro nel quartiere, mi mostra il caffè in cui lavorava da giovane e in cui aveva tante volte chiacchierato con David Bowie e Iggy Pop, da lui descritti come “sempre brillanti, gentili e un po’ sbronzi”, e, con mia grande gioia, andiamo a cena in un ristorante indiano. Il sole tramonta mentre finiamo di sorseggiare il nostro tè speziato e quando ci salutiamo, dandoci appuntamento a un altro giorno, mi saluta urlando un “ciao!” mentre si allontana in bicicletta… e mi sembra tutto straordinario e normale allo stesso tempo.
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Perdersi a Berlino tra street art, jam, tramonti e mercatini

Nei due giorni successivi riprendo i miei vagabondaggi alla scoperta della città e dell’arte urbana. La mattina del quarto giorno decido di andare in direzione Hackescher Markt, nel quartiere Mitte, a caccia di alcune opere, tra cui una di Ericailcane (la parte di Bastardilla è stata cancellata). Prima mi perdo a osservare le bancarelle dello splendido mercatino, poi mi perdo veramente poiché non riesco a trovare l’indirizzo che mi avevano indicato. Chiedo aiuto a due gentilissime ragazze tedesche che tentano di aiutarmi ma la direzione giusta alla fine arriva dall’Italia, dall’amico Robby Rent (mio salvatore!). Mi ritrovo così, finalmente, all’interno del cortile di Rosenthaler Street 39, in cui è presente il museo di Anna Frank. Quello che mi ritrovo davanti è sbalorditivo: tutto è interamente tappezzato di adesivi, poster, stencil, murales e opere di ogni tipo e di ogni dimensione.
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IMG_20160901_113729Il posto d’onore, accanto al museo, è riservato all’australiano Jimmy C, che ha realizzato un ritratto di Anna Frank, e la splendida scimmia di Ericailcane, che sembra osservare minacciosa i passanti attraverso una macchina fotografica e un telefono. Mentre scatto foto e attacco in giro qualche adesivo di Urban Lives, mi ritrovo davanti un tour, in tedesco, di street art: sono talmente incuriosita che aspetto una pausa e mi presento alla guida, un ragazzo gentilissimo che parla un inglese perfetto. Parliamo un po’ di Ericailcane, mi racconta che il suo è uno dei pochi pezzi ad essere sopravvissuto nel corso degli anni alle numerose coperture, e mi consiglia un tour gratuito che viene organizzato ogni weekend, ma a cui non sarei riuscita a partecipare. Apprezzo il fatto che si tratti di un tour gratuito poiché i 1UP il primo giorno mi avevano raccontato che “nella città della street art” erano in tanti a lucrare su quello che era diventato tanto una moda quanto un business, con proposte di tour ed eventi costosi ma di scarsa qualità.
Da lì mi incammino verso una delle poche tappe turistiche, seppur forse inusuali del viaggio, ovvero il Museo di Storia Naturale: me lo aveva consigliato James Kalinda, soprattutto per via di una stanza con centinaia di inquietanti pesci a testa giù e in barattolo, e dopo essermi informata mi ero convinta ad andarci. Ne sarei stata contentissima. Durante il tragitto, che ho seguito zigzagando da una strada all’altra, mi imbatto per caso in un ex centro sociale oramai chiuso ma ancora pieno zeppo di bellissimi e vecchi pezzi di street art, e in diverse grandi facciate di case presumibilmente abbandonate o in costruzione, piene di bei graffiti: insomma, quel pomeriggio mi ha dimostrato che l’arte è ovunque e che è davvero necessario vagare un po’ senza cartina e senza indicazioni.
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Il giorno dopo decido allora di includere, tra i tanti giri, anche una lunga passeggiata prima del tramonto lungo il fiume Sprea, partendo dal ponte vicino al murale di Blu e procedendo verso la nota scultura “uomini molecolari” di Jonathan Borofsky, che svetta da lontano e che ricordavo essere vicina a un pezzo dei 1UP che avevo individuato dalla metro. La passeggiata mi regala suggestivi scorci, mi consente di fotografare il famoso murale di Blu ricoperto di nero, sull’altra sponda, e mi fa scoprire tanti locali interessanti ed edifici dalle architetture sbalorditive e dalle tante vetrate, in cui i riflessi di cielo sono uno spettacolo da immortalare. Ma ancora di più, nonostante la stanchezza per i tantissimi chilometri trascorsi e un dolore al tallone, premia la mia tenacia con una sorpresa nell’ultimo tratto di strada: mi ritrovo infatti davanti una troupe che si appresta a girare un video, suppongo di un gruppo hip hop ma ovviamente non capisco una parola di quello che dicono, davanti a una hall of fame spettacolare, mentre due writer sono intenti a dipingere due lettering tecnicamente impeccabili. Un po’ per la stanchezza un po’ per la situazione decido stavolta di restare discretamente in disparte e scatto qualche foto, lasciatemi dire tra i migliori scatti del viaggio. Un’altra splendida giornata si è conclusa e una ancora più emozionante mi attendeva.

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Tour fotografico di posti abbandonati con Ken Plotbot

L’indomani mi aspetta infatti un appuntamento atteso da tanto, quello con l’artista berlinese Ken Plotbot, che si era offerto di portarmi a esplorare alcuni dei posti abbandonati in cui aveva dipinto. È stata una giornata intensa ed entusiasmante, quasi surreale per certi versi: tra negozi di fuochi d’artificio, discorsi sui danni dell’industria alimentare e sull’inquinamento, una birra in riva al fiume immersi nel bosco di una tenuta abbandonata, foto a stanze decadenti con tetti crollati, lunghi discorsi sulla sua arte e su street art e graffiti in generale e foto scattate al tramonto dalla stazione prima di salutarci, per un giorno ho quasi dimenticato di essere a Berlino. Mi è sembrato davvero di essere sospesa in un’altra dimensione temporale, a osservare luoghi abbandonati da tempo in zone in cui non avrei mai saputo nemmeno come tornare. Ken Plotbot si è dimostrato un ottimo compagno di avventure, un artista ancora più interessante e sensibile di quanto potessi immaginare e in generale una persona davvero brillante, che trasuda passione ed entusiasmo per l’arte e la vita e con cui poter conversare davvero di tutto.
Senza contare che, per quanto bellissime le foto dei suoi pezzi sui social network, osservate dal vivo, tra i vividi colori delle sostanze chimiche delle pareti e i cumuli di polvere e i dettagli stilistici impossibili da cogliere in foto e le sue accurate e approfondite spiegazioni, fanno tutto un altro effetto (in arrivo il racconto dettagliato della giornata con Ken Plotbot).
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Ultima sera: train bombing con 1UP e writer di Madrid

L’ultimo giorno a Berlino, dopo un’eccitante settimana di esperienze, luoghi, incontri ed esplorazioni no-stop, la felicità è tanta quanta la soddisfazione: ho la sensazione che non avrei potuto fare niente di più di quello che avevo fatto, impegnandomi al massimo a vivere intensamente ogni giornata, e sento di aver tutto sommato già vissuto il meglio del viaggio.
Rallentando un po’ gli affannosi ritmi dei giorni precedenti e complice la splendida e calda giornata estiva, decido di trascorrere l’ultima mattinata berlinese facendo qualche ultimo giro, poco impegnativo in termini di fatica e di chilometri da percorrere. Opto per un itinerario interessante ma semplice, guidata via chat dal
writer italiano, nonché lettore di Urban Lives, Lucchetto Mahon, che aveva vissuto a Berlino e che via social network stava seguendo con grande interesse la mia vacanza.
(Colgo l’occasione per ringraziarlo perché i suoi consigli si sono rivelati davvero preziosi, così come ringrazio gli altri favolosi amici e fan di Urban Lives che hanno scritto e segnalato posti da visitare!)
Seguendo le indicazioni di Lucchetto faccio innanzitutto un salto da Depot2, negozio di abbigliamento hip hop a Kreuzberg, dove oltre a comprare il libro dei 1UP riesco a farmi regalare anche 3 loro adesivi e, a sorpresa, ricevo dai gentilissimi commessi anche un loro bellissimo poster appena stampato, forse inteneriti dal mio sguardo da fan. Passo a casa a lasciare il bottino, per altro uniche cose acquistate durante l’intero viaggio, fatta esclusione per una gonna presa a un mercatino, e mi incammino verso Mauerpark.
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Qui trovo, come mi era stato indicato, un fantastico muro pieno di graffiti e alcuni writer intenti a dipingere. Mentre aspetto di pranzare con l’unica persona italiana incrociata durante il viaggio mi fermo su un muretto a prendere il sole a pochi passi da una festa dal clima allegro contagioso, con tanto di dj e griglia per il barbecue. Dopo pranzo vado a fare un giretto ad Alexanderplatz e poi ritorno a casa per preparare la valigia, prima di andare a cena con Kiddy Citny e uno dei 1UP.
Mi aspettavo un’ultima serata tranquilla, da trascorrere in qualche locale berlinese: non avrei mai potuto neanche lontanamente immaginare che incredibile serata mi avrebbe atteso.
Indosso la gonna comprata a Hackescher Markt e un bel paio di scarpe comode da ginnastica (perché quando si esce con writer “non si sa mai”), infilo nello zaino una felpa con cappuccio e il libro dei 1UP ed esco. All’appuntamento trovo il ragazzo dei 1UP insieme a due giovani simpaticissimi writer appena arrivati da Madrid e appena conosciuti, ice cream and the burguers, e insieme raggiungiamo Kiddy Citny.
La serata comincia con una festa in un locale: un mare di gente, molti dei quali artisti famosi berlinesi, come mi spiegano gli altri. Tra una birra e un’altra si crea una bella atmosfera: chiacchieriamo di un mare di cose, un po’ in inglese e un po’ in spagnolo, e nell’attesa di un tavolo il tempo sembra volare.
All’improvviso la sorpresa: il ragazzo dei 1UP dice di volermi far trascorrere un’ultima serata speciale e di voler a tutti i costi esaudire quello che era il mio desiderio, o meglio sogno, dalla prima serata che ero arrivata a Berlino. Decide infatti di portarmi a fare un treno, “una cosa molto semplice e davvero sicura”, insieme ai due writer spagnoli. Mentre con un sorrisone stampato in faccia tento a fatica di realizzare quello che mi ha appena detto, andiamo insieme a salutare Kiddy, che nel frattempo si era unito a un gruppo di amici.
Lasciamo la festa e, per prima cosa, andiamo all’appartamento degli spagnoli, dove facciamo il pieno di bombolette: provo a insistere nel dire che durante l’azione vorrei solo osservare o al massimo scattare una foto ma tutti sono così convincenti che alla fine mi decido a prendere una bomboletta anche io. Sarebbe stata una lunga nottata: ci fermiamo allora per una sosta di abbondante pizza e birra.
La serata prosegue in zone di Berlino che non avevo ancora esplorato, consentendomi così anche un ultimo interessante “giro turistico”, e mentre ci spostiamo da un posto all’altro sui mezzi il ragazzo dei 1UP mi fa una dedica sul libro. Arriviamo infine alla stazione dei treni da lui prescelta: entriamo da un cancello, aperto dallo spagnolo dopo aver scavalcato, attraversiamo binari e ci ritroviamo finalmente, nascosti tra i cespugli, a pochi metri dal binario in cui sarebbe passato il treno. Avevamo 20 minuti di attesa, trascorsi ovviamente accovacciati e in silenzio, e poi solo un minuto per scrivere qualcosa sul treno di passaggio. Quando il treno arriva ci precipitiamo senza farci notare: mentre scrivo “Urban Lives” con la coda dell’occhio scruto prima le persone ignare sedute nel treno e poi il ragazzo dei 1UP, che scrive per 7 volte “1UP” a una velocità impressionante. Quando il treno riparte fuggiamo via velocissimi, con l’adrenalina a mille. Non so se mi ricapiterà mai qualcosa di simile ma mi terrò stretto il ricordo di questa incredibile esperienza e ringrazio il 1UP per questo regalo.
Dopo la stazione, ovviamente, nessuno ha voglia di andare a casa: ci beviamo un’altra birra, scherziamo e chiacchieriamo tanto e il componente dei 1UP ci porta a fare un giro di pezzi storici, tra cui il primo mai realizzato dalla crew, che resiste incredibilmente nel tempo. Ci salutiamo e ci abbracciamo tutti, con la promessa di rivederci presto tra Berlino, Roma e Madrid.
Quando arrivo a casa sono le 5.30 e sono in uno stato di euforia confusionale difficile da descrivere: metto su un po’ di musica, finisco di preparare la valigia e mi riposo solo 30 minuti, prima di uscire per andare all’aeroporto.
La felicità prevale sul sonno, che avverto appena, e fatico a riflettere che poche ore dopo avrei iniziato una nuova avventura, quella ad Atene.
Una volta arrivata all’aeroporto faccio il check-in mentre canticchio una canzone: durante la notte il componente dei 1UP ci aveva contagiato col tipico motivetto allegro che non ti togli più dalla testa per una settimana.
Mentre salgo sulla scaletta dell’aereo, dopo una splendida settimana di sole, all’improvviso inizia a piovere. Lo prendo come un segno: un meraviglioso ciclo che si chiude.
Mi giro a salutare e ringraziare Berlino, mentre una lacrima di gioia mista a tristezza scivola giù con la pioggia, e indosso la mia felpa con cappuccio, quella per le occasioni speciali.
To be continued… Alla scoperta della street art di Atene, la nuova Berlino 
Foto credits: Ivana De Innocentis

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