“A Bologna non c’è più BLU”: raccolta di opinioni

A Bologna non c’è più Blu
e non ci sarà più finchè i magnati magneranno
per ringraziamenti o lamentele sapete a chi rivolgervi https://blublu.org/sito/blog/
In data 12 marzo 2016  queste parole di Blu, comparse sul suo sito e sulla sua pagina Facebook, annunciano la copertura di tutti i suoi murales di Bologna. Per conoscere la questione la prima cosa da fare, se non lo avete già fatto, è leggere una delle poche fonti autorevoli, ovvero l’articolo pubblicato su Wu Ming.
Vi segnalo poi l’articolo di Ziguline, con cui sono totalmente d’accordo, e quello esaustivo e documentaristico di Frizzi Frizzi. Questa è invece l’opinione di Urban Lives sulla mostra “degli stacchi” di Bologna.
Come già avvenuto per altri episodi di rilievo o eventi riguardanti il mondo della street art ho reputato importante e necessario fungere da portavoce: ho quindi invitato artisti, fan, lettori e appassionati a inviarmi le loro opinioni sulla vicenda, che ho deciso di raccogliere in questo articolo.
Ringrazio Blu per quello che ha fatto, ringrazio tutti coloro che mi hanno scritto e tutti coloro che hanno ascoltato la mia opinione e ringrazio Cesare Bettini per le foto.
Buona lettura.
Ivana De Innocentis
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Cari amici, qualcuno di voi ha il numero del Sig. Prof. Roversi Monaco o dei suoi collaboratori? Ho del materiale che potrebbe interessarli: trattasi di alcuni pannelli arrugginiti con dei dipinti di street art staccati di fresco dalle strade, proprio come piace a. I disegni non sono un granché, ma vanno comunque di moda a manetta, no? Saluti
D – C (Dissenso Cognitivo) 

blu-dissenso
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menoseghe.
Opera “Meno seghe” 

Guerrilla Spam

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Quello di Blu è un gesto politico come i suoi lavori. Chi ne condivide gli intenti si schiera. Lo fai per la causa, che passa dall’arte. I suoi grigi sono nuovi lavori densi di significato, che raccontano Bologna ieri e oggi.
Quelli che ci fanno i pezzi sopra? Poverini.
Opiemme
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Ad un prima lettura delle interviste rilasciate da Christian Omodeo e Roversi-Monaco la cosa che mi ha più colpito è stata la sicurezza, quasi sfociata in arroganza, con cui queste due persone hanno reso pubblico il loro intento di intervenire nella città di Bologna con una serie di strappi ai danni di Ericailcane e Blu. Pur NON essendo un diretto interessato (non sono neanche di Bologna) mi è sembrato chiaro fino da subito che l’intento, piuttosto che essere di documentazione, fosse un processo di sottrazione/saccheggio.
2501
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Quella messa in atto da Blu è una strategia discorsiva e mediatica che permette di ribadire il suo posizionamento all’interno dell’arena della street art dove non basta più la grande abilità tecnica e stilistica e la capacità di sorprendere il fruitore negli spazi ma dove la partita si gioca anche attraverso le strategie di comunicazione, attraverso atti di hacking urbano in grado cambiare e stravolgere costantemente le regole del gioco ma soprattutto attraverso azioni in grado di diventare diffondibili sul web.
Il gesto si pone dunque a essere letto da un lato come una riflessione sui metodi e sui modi di fare street art oggi.
Marco Mondino 
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La cosa buona del gesto di Blu è stato portare in strada davvero tante persone a Bologna: che si sia d’accordo o meno con la sua cancellazione e con la mostra, quel che conta davvero è essere riuscito a fare quello che la street art dovrebbe fare, sempre, ovvero far discutere in strada e non solo davanti a una tastiera.
Elena Leonelli
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Blu parla con azioni serie, c’è poco da fare, lo ha sempre fatto. Mi trovo pienamente d’accordo con la sua re/azione e lo ringrazio, uno schiaffo morale che ti sveglia da un brutto incubo che negli ultimi anni attanaglia la street art. Trovo una grande libertà in questo gesto, dove ognuno vede e combatte la sua battaglia. Non si tratta di mitizzare una figura ma nemmeno di trovargli forzatamente il tallone d’Achille per discutibili partecipazioni a festival passati… si tratta invece di capire cosa c’è dietro la sottrazione di oggi, quel hic et nunc che vede Blu perfettamente presente a se stesso ed in grado di muovere un sistema altro a cui tutti artisticamente parlando dovremmo tendere. Dire no, ad esempio, ad un’impostazione culturale che produce sacche di curatori più quotati e famosi degli artisti stessi, i quali cedono inesorabili ad avances rassicuranti costruite appuntino sul loro ego. Nasce allora un primo problema: molti artisti con l’enfasi del lacchè italiano sostengono e seguono questi curatori senza rendersi conto che sono, come in questo caso, i co/produttori responsabili in prima persona della mostra stessa e dell’andamento generale del sistema arte-urbana. Il guaio infatti sta proprio li, scritto in quelle dichiarazioni imbarazzanti e spocchiose che il “curatore” fa fin dalla sua prima intervista. Quel triste e amaro pensiero sul diritto d’autore e sugli artisti definiti “multinazionali” perché potrebbero/dovrebbero giustamente opporsi, quell’assurdo “non necessario comunicare” l’operazione agli artisti coinvolti, il debole alibi del “restauro come studio e conservazione delle opere” che avrebbero potuto fare direttamente in loco, magari senza permessi, al pari degli stessi interventi staccati, sarebbero stati molto più coerenti nell’azione. Quel dialogare poco e male con i rappresentanti locali e attivi da tempo a Bologna. La triste illusione di un avvento, che a mala pena riesce ad essere un evento con i soliti nomi scontati in un valzer di plastici sorrisi fieri di questa operazione salvifica, che nessun artista che meriti rispetto a chiesto loro di fare. Mettiamo i muri dentro ad una scatola e paghiamo 13€ per vederli, ma senza lucrare però! E no perché il tutto ha un fine culturale, didattico, conservatore. Divertire gli annoiati della Street Art è questo il punto, troppo matura, quasi perfetta, per cui va disinnescata – ripensata – reinventata, male però come in questo caso.
Una sorta di fossilizzazione da museo, voluta appunto dai curatori e dal grande produttore, potrebbe essere a mio avviso, come già detto, un’occasione,
…“GLI STACCHI DI BOLOGNA” come la Rivoluzione dei Cedri, con una domanda però: saremo in grado di trasformare questa triste operazione funebre della street art a nostro favore? Saremo in grado di sostenere la Linea Maginot tra chi ruba la strada e chi difende la strada?…” Sicuramente il grigio che porta in se tutto il gesto di Blu sancisce la fine di un qualcosa che forse capiremo nei prossimi anni, certo è che da oggi cambia lo scenario per molti, la street art è al capolinea signori, i curatori sanno che chi rompe paga e Blu ha presentato il primo conto…
– Giulio Vesprini

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Avevo 14 anni quando, per la prima volta, vidi i lavori di blu in via Stalingrado. Preso dal writing e dall’aerosol art non capivo cosa stesse succedendo, ma quelle rullate mi avevano sconvolto, stranito, erano fuori dai codici fino ad allora conosciuti. Quelle rulate mi hanno influenzato nei 16 anni successivi della mia vita, ma mai avrei pensato come, uno street artist, avrebbe potuto influenzare anche la vita di tutti i giorni, ricordandomi sempre dell’importanza della coerenza e del stare sempre in barricata, a testa alta. Grande Blu. Commosso.
Carne
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Nasce per tutti. Muore per loro. Rinasce per noi.
‪#‎grazie‬ ‪#‎maestroblu‬
Kamilla Lucarelli
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“NO ALLA STREET ART PRIVATIZZATA”
Blu non fà una piega… d’accordissimo con lui sull’AZIONE nell’ AUTO-CANCELLARE i suoi KAPOlavori.
:.Ma un’artista sarà pure libero di mandare a fankulo tutta stà filiera di >>ricconi saputoni speculatori di arte? un’artista sarà pure libero di decidere che cazzo fare dei suoi lavori?
annate a fankulo stì ricconisaputoni del kazzo che con questa mostra è come se ci avete messo il cancro nella street art….
fanculizzatevi coglioni!!… e tenetevi le conseguenze.
Stencil Noire 

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Per me anche questa è arte che trasmette tante cose… arte a lutto per furto!
DEM

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Riguardo a ciò che sta accadendo da artista e studioso di spazi mi rende molto triste ma molto felice questa operazione. Credo che l’operazione di Blu sia da portavoce per tutti noi, anche i più giovani che stanno iniziando in questi anni, nel grigio dei muri si riflette il valore vero del sentimento di tutti noi. La nuova forma piatta e grigia delle loro opere già storiche é testimonianza di rottura è di presa di posizione seria e forte da parte nostra, conservando come sottoterra, nel silenzio neutrale del grigio, il senso vero del nostro agire. Riportando in vita i valori veri.
Io esalto il piatto del grigio oggi  come esalto il piatto dei colori rispetto a ciò che ci circonda per questo credo che il grigio oggi sia portatore dei valori più alti più di qualsiasi segno, perché è con il colore del nulla e dell’assenza, oggi, che si manifesta altro.
Alberonero

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Una riflessione personale sull’arte pubblica e sui fatti di ‪#‎bologna‬
Premetto che ad oggi non abbiamo ancora “digerito” quello che dal punto di vista artistico sia l’arte pubblica, tant’è che gli stessi protagonisti del fenomeno né hanno le idee chiare in merito, né ,peraltro, si interrogano più di tanto sul suo significato perché non di competenza. Premetto che utilizzo il termine “arte pubblica”, al posto delle tante connotazioni con cui essa si presenta, per evidenziare uno degli aspetti comuni a tutte esse: il fatto che sia in pubblico. Fatte le dovute premesse, l’unica distinzione che mi pare di rilievo quando si parla di arte pubblica è tra opera commissionata (che può nascere nell’ambito di un festival ovvero su altra commissione, e che perciò viene in qualche modo remunerata, se vogliamo definita anche arte pubblica legale) e opera non commissionata, che nasce spontaneamente, per volontà del suo autore, arte pubblica illegale.
Orbene, l’artista che dipinge in contesto pubblico in maniera illegale, comunica alla collettività sfruttando un canale diretto, non mediato da una galleria ovvero un qualsiasi altro luogo deputato ad accogliere le opere d’arte; né viene selezionato dal curatore di un festival; si rivolge a tutti, non solo ad un pubblico “interessato” quale è invece il visitatore di una mostra, ma anche al passante, a cui magari l’arte non interessa.
L’artista che dipinge in pubblico, sia legalmente sia illegalmente, si assume una grande responsabilità; sociale principalmente, relativa non solo a ciò che comunica, ma anche all’estetica della sua opera; una responsabilità che è fondata sul sacrosanto diritto di espressione. L’unica “legge” alla quale l’artista pubblico vuole sottostare è quella del tempo; unico fattore in grado di decidere le sorti dell’opera. Col passare del tempo gli agenti atmosferici, ignari dell’esistenza di un’opera d’arte la cancelleranno; giovani writers ignari del valore dell’opera, vi apporranno le loro tags; sedicenti innamorati ignari anch’essi del valore dell’opera, dichiareranno il loro amore con una bomboletta spray. Nella momento in cui l’opera viene collocata nel contesto pubblico, sia quando essa è legale e quindi remunerata a monte, sia quando illegale, essa non può essere commercializzata se non attraverso riproduzioni.
L’opera, a prescindere dalla quotazione di mercato dell’artista, assume un valore collettivo: esso può essere positivo o negativo a seconda del “valore” che l’opera rappresenta per ogni persona. L’opera pubblica diventa un “bene collettivo” che per alcuni può “valere” tanto e per altri può “valere” poco. L’artista, che detiene la paternità dell’opera, nulla può rispetto al valore che la collettività dà all’opera pubblica, (che sia negativo o positivo) perché questa non diventa solo sua, ma di tutti; può decidere legittimamente di cancellarla, modificarla, ridipingerla, ma poiché per alcuni essa assume valore, nel momento in cui decide di essere “egoista” considerando solo le proprie ragioni (cancellandola, modificandola, ridipingendola), riceverà delle critiche.
Quando l’opera pubblica assume valore per la collettività sorge il problema maggiore. Nasce lo speculatore che vuole “strappare” l’opera alla collettività per metterla in un museo, sotto falsi intenti di conservazione. Nasce l’idea dell’artista che, cancellando l’opera per sottrarla alle grinfie degli speculatori, accresce la sua fama per il gesto politico compiuto contro il sistema capitalistico, non comprendendo che la fama e il riconoscimento di cui già gode nel sistema capitalistico è proprio il segno della sua sconfitta come artista “dissidente”. Nasce l’idea dell’artista che, cancellando l’opera per sottrarla alle grinfie degli speculatori, decide di sottrarla anche alla collettività, legittimamente perché ne è autore, arrecando danno allo speculatore e alla collettività.
Il punto è che qualunque sia la scelta fatta sull’opera, autodeterminata dall’uomo (e quindi anche dall’autore) che è cosciente del valore che essa può avere (o ha) in quanto bene collettivo, e che non sia dettata dal fattore tempo, farà ragionevolmente incazzare qualcuno.
GIG
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Dalla pagina Facebook di Urban Lives (grazie a tutti!):
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Grande solidarietà e appoggio a Blu il suo gesto ha un enorme Valenza e di contestazione ai muri nei musei.la street nasce dalla strada e in strada deve rimanere forse ora sarà un muro grigio ma chi l
‘ ha fotografato lo conserverà x noi… la mercificazione e scopo lucrativo non l’avrà vinta.. perché saranno pure 13 euro ma 13 che non vanno all artista o in benificienza ma nella tasche dell idiota che l’ha pensata
– Silvia Brutti
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Riflettiamo su questo: chi subisce tutte quelle passate di grigio? gli organizzatori della mostra o la cittadinanza di Bologna? Perchè non trovare altre forme di protesta più chirurgiche? Perchè farlo su opere che non sono nell’immediato a rischio “stacco”? Da tutto questo emerge un intento punitivo e una vena egoistica che non mi piace. Il “caso Berlino” era ben altra cosa.
– Egidio Emilio
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Gli sciacalli muoiono senza nulla da mangiare, Blu oggi sta togliendo il cibo agli sciacalli per dare un fortissimo segnale a tutti coloro che speculano sulla street art! Condivido pienamente questo atto
– Gianle Lametà Conoci
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Devo dire che mi sembra un gesto di grande coerenza ed un esempio (o un invito) che non molti street Artists possono permettersi. Nel grigio dipinto di Blu si può leggere una nuova opera: “O street art o morte”.
– Fabio Perez
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Illegale o istituzionale, compensata o autoprodotta, l’opera di street art diventa parte del paesaggio urbano, patrimonio comune, arte fruibile universalmente e gratuitamente. Pensare di appropriarsene o accampare diritti su di essa solo perché la si è finanziata o ne si è curata la realizzazione è un eresia. Anzi, peggio: è contro natura.
– Simona Vlaic
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I cittadini di Bologna hanno aiutato Blu a fare le passate di grigio perché la street art non e’ e non deve essere un’opera immortale. La street art ha un senso nel contesto e forse anche nel momento in cui e’ fatta e dopo si puo’ anche cancellare. Si copre l’opera ma cosi’ non si distrugge l’anima dell’arte come invece succede con i distacchi: vogliono conservare l’opera ma non riescono a conservarne l’anima. Il caso Berlino e’ uguale al caso Bologna museo.
– Francesca Predieri
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Quello di Blu è un gesto di grande valenza artistica e sociale. Si oppone al tentativo di mercificazione nel modo più coerente possibile, intervenendo sul muro come solo uno street artist può fare: con rullo e vernice. Ha restituito al muro la sua potenziale qualità di tela di strada. L’aiuto che ha ricevuto dai cittadini ci parla del grande impatto sociale della street art, compresa e protetta dai suoi interlocutori ideali: la gente comune. Ho sempre avuto grande stima di Blu, ora anche di più.
– Nicoletta Lolli
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La cosa più bella è vedere le persone che “l’artista è egoista” perché, per la sua scelta di rimuovere la SUA opera, figlia del SUO sudore, della SUA ispirazione e del SUO gran mazzo, loro non potranno più ammirarla, quando prima era proprio la sua apparizione sul muro, magari, che li faceva indignare. Tutto questo senza essersene mai sbattuti niente, e stando con ancora il braccio sollevato a mezz’aria, il dito che punta un ragazzino che dipinge, e che “sarebbe meglio se imbrattasse a casa propria”. Perché se è famoso e chiacchierato, vale. Sennò è vandalismo.
Ha! Ipocriti, per questo tipo di atteggiamenti queste opere vengono messe a lutto, atteggiamenti che sanno solo strumentalizzare, volere e bramare per se
Ma la street art non si può possedere
Arte di strada significa: dare incondizionatamente a chiunque, oppure non dare a nessuno
Lei non riuscirete ad incatenarla, lei è libera
Privatizzatemi stocazzo
– Rachel Stella Jelinek
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Oggi Blu ha firmato una delle più grandi e importanti opere d’arte urbana contemporanea della storia recente
– Paolo Piccioni
 
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